Prodotti Tipici

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L’attività storiche delle Cinque Terre erano l’agricoltura, che ha disegnato il famoso paesaggio a fasce terrazzate e la pesca. Non c’era cantina delle Cinque Terre nella quale non venivano conservate decine di albanelle di acciughe e l’odore di vino e di pesce si fondevano in una storica simbiosi.
La produzione vitivinicola e le ricette gastronomiche sono una testimonianza delle tradizioni locali, del modo di vivere delle popolazioni e alle Cinque Terre, rappresentano una espressione concreta della cultura locale. All’interno del nostro affittacamere è possibile acquistare direttamente i prodotti tipici del nostro territorio e richiedere delle visite guidate presso le aziende produttrici. Il personale della nostra struttura è disponibile anche per confezioni regalo.

ACCIUGHE DI MONTEROSSO

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Piatto tradizionale delle Cinque Terre, vengono lavorate secondo l’antica ricetta di Monterosso al Mare. Note come “pan du ma”, le acciughe vengono pescate con il tradizionale metodo della lampara e con la rete a cianciolo e lavorate a mano nell’arco di due o tre giorni. L’attenta disposizione a strati, un’adeguata pressatura e un accurato monitoraggio di quantità e qualità della salamoia, rendono le acciughe sode e gustose, garantendone anche la perfetta conservazione. Il prodotto così ottenuto mantiene tutto l’aroma e il sapore del pesce appena pescato. Da provare con olio, origano e aglio per un eccezionale antipasto ma anche ottimo come secondo piatto.

LIMONI

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La coltura dei limoni è presente sul territorio delle Cinque Terre già dal Seicento. All’epoca conosciuti con il nome di citroni, oggi offrono una grande varietà di prodotti. Un alimento antico, simbolo del territorio, ha trovato qui un terreno e un clima favorevole, che permette una coltivazione senza l’uso di additivi chimici. Da questo “oro delle Cinque Terre” si ricavano marmellate, biscotti, crostate, dolci e il limoncino.

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PESTO

Il pesto è un condimento tradizionale tipico originario della Liguria. Il suo ingrediente base è il basilico (Ocimum basilicum). Oltre al basilico, vengono pestati a crudo pinoli e aglio, il tutto condito con parmigiano, pecorino sardo e olio extravergine di oliva. Il pesto è una salsa a crudo, ovverosia un composto nel quale tutti gli ingredienti sono amalgamati a freddo, non cucinati. Per questa sua caratteristica gli ingredienti non perdono alcuna delle proprie caratteristiche peculiari. Il pesto si usa per condire i primi piatti come gli gnocchi di patate o le trofie.

SCIACCHETRA’

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Lo Sciacchetrà è un vino passito, dolce e liquoroso, prodotto nelle Cinque Terre dalle uve dei vitigni Bosco, Albarola e Vermentino. Se l’origine del nome sembra avvolta nel mistero – per alcuni deriva dal termine semitico “shekar” col quale, nella Palestina di 3.000 anni fa, venivano definite le bevande fermentate, per altri dal verbo dialettale “sciacàa”, ossia “schiacciare”, utilizzato in questo caso per indicare l’operazione di pigiatura dell’uva – certo è che il pregiato vino è divenuto l’emblema per eccellenza delle Cinque Terre. Un profumo fruttato, floreale, che ricorda le essenze della macchia mediterranea: sentori di frutta secca, confettura d’albicocca, pesca gialla e vaniglia, miele di castagno e spezie. Un colore caldo e intenso: dal giallo dorato all’ambra, tendente al topazio. Un sapore dolce, ma mai stucchevole, caldo, di buon corpo, vellutato e suadente, ben equilibrato, da una piacevole e lievissima tannicità. Con una resa media di 25 litri per quintale d’uva – gli acini sono lasciati appassire al sole sino a novembre e vengono poi sgranati a mano per selezionare solo i migliori – e un’elevatissima qualità garantita dalla Denominazione di Origine Controllata (DOC dal 1973 come la tipologia secca), lo Sciacchetrà è un prodotto di nicchia che può evolvere per dieci, venti e anche trent’anni. Un vino amato da poeti e letterati. Ne parlarono Plinio, Boccaccio e Petrarca. Giosuè Carducci lo descrisse come “l’essenza di tutte le ebbrezze dionisiache”, Giovanni Pascoli ne richiese l’invio di poche bottiglie “in nome della letteratura italiana”, Gabriele D’annunzio lo descrisse come “profondamente sensuale”. Comprendere fino in fondo un vino come lo Sciacchetrà significa, non solo assaporarne le qualità organolettiche ma anche apprezzarne tutto il bagaglio di conoscenze tradizionali legate alla cultura della terra. Vuol dire bere un vino in grado di ribadire ad ogni sorso una storia che parla del rapporto secolare e talvolta controverso tra l’uomo e la natura.

VINO CINQUE TERRE DOC

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La millenaria coltura della vite ha rappresentato per il territorio delle Cinque Terre un elemento capace di modificarne in profondità la fisionomia. Nel passato infatti l’agricoltura, attività dominante nella zona, era rivolta soprattutto alla coltivazione della vite; limitatamente ad alcune zone si coltivavano olivi ed agrumi e, solo marginalmente, alcune porzioni di terreno erano destinate alle produzioni orticole. I tratti di terreno più alti erano coperti da boschi (come del resto ancora oggi), che fornivano frutti spontanei (soprattutto castagne), legname e foglie da interrare per fertilizzare il terreno coltivato a vigneto. Le popolazioni delle Cinque Terre traevano il loro sostentamento principale dall’attività agricola, barattando con le popolazioni dell’entroterra i propri prodotti e cercando di vendere una parte del vino nelle vicine città della Spezia e Genova. Un sistema come questo non ha retto all’urto con lo sviluppo di un sistema industriale dominante nelle vicine località del litorale ligure, decretando così il declino della produzione vitivinicola, con conseguente degrado e dissesto ambientale. Ad oggi, soprattutto dopo l’istituzione del Parco Nazionale, gli sforzi per recuperare la tradizione legata all’attività vitivinicola sulle terrazze delle Cinque Terre hanno dato buoni risultati nonostante i circa cento ettari coltivati oggi a vigneto non siano minimamente paragonabili ai 1.400 di un secolo fa. A scoraggiare l’investimento di energie e risorse nella coltivazione della terra contribuisce il fatto che il territorio delle Cinque Terre risulta essere di difficile coltivazione soprattutto per la conformazione geo-morfologica del terreno che consente di avere superfici coltivabili molto strette; questo impedisce un’efficace meccanizzazione dell’attività agricola, con conseguente difficoltà per i coltivatori. Le monorotaie, importate dalla Svizzera solo a partire dagli anni Ottanta, sono le uniche macchine agricole utilizzabili.